Le Vergini annunciate di Antonello da Messina


Gloria Nibali – Antonio de Antonio, a tutti noto come Antonello da Messina visse tra il 1430 ed il 1479, nacque a Messina e si formò prima a Napoli e poi in Veneto.

La sua città natale, grazie all’importante porto sul Mediterraneo, fu uno scalo fondamentale per la Spagna, le Fiandre, la Provenza e Venezia. Antonello poté così apprendere tutte le tecniche artistiche più raffinate usate dai fiamminghi e dai veneti. Perfezionò la sua arte a Napoli alla scuola di Colantonio. Quest’ultimo fu attivo tra il 1440 ed il 1470 ed ebbe contatti alla corte partenopea con artisti fiamminghi e provenzali. Sia gli angioini che gli aragonesi ci tennero tantissimo a seguire le tendenze artistiche, poiché andava di moda la competizione tra le corti europee e non vollero essere da meno fu così che a Napoli arrivarono tantissime tavole ed arazzi di provenienza fiamminga e provenzale.

Giorgio Vasari nella biografia di Antonello scrisse che fu allievo di Jan Van Eyck e che portò per primo la pittura ad olio in Italia, ma non c’è alcun documento che lo dimostra. Non si ha la certezza che Antonello fece un viaggio nelle Fiandre tantomeno in Provenza e neanche il suo maestro Colantonio, tuttavia, Antonello a Napoli perfezionò le tecniche della pittura ad olio e sintetizzò perfettamente le tradizioni stilistiche fiamminga ed italiana a Venezia durante un breve soggiorno tra il 1475 ed il 1476. Antonello non conobbe nemmeno Piero della Francesca né vide le sue opere alla corte di Urbino, ma Piero fu il pittore cardine del Rinascimento per cui i suoi insegnamenti furono tramandati e diffusi in buona parte della penisola centrale attraverso gli artisti che invece ebbero la fortuna di vederlo. Per cui fu facile per Antonello avere contatti indiretti con lo stile di Piero a Napoli.

Il tema dell’Annunciazione tra il 1473 ed il 1476 fu affrontato da Antonello ben quattro volte, e queste opere ci guidano perfettamente tra l’evoluzione antonelliana avvenuta tra Messina e Venezia.

Le datazioni sono molto difficili anche perché fino al 1582 si seguì il calendario giuliano e non quello gregoriano per cui c’è spesso grande incertezza nel datare un’opera correttamente a meno che non sia accompagnata da documentazione d’archivio.

La prima Annunciazione appartiene al Polittico di San Gregorio, oggi al Museo Regionale di Messina, commissionato dalle Monache di Santa Maria nel marzo 1473 e concluso nel settembre dello stesso anno.

L’Arcangelo e la Vergine sono dipinti su due tavole separate, due delle cinque che compongono il polittico di cui la cimasa purtroppo è andata perduta. Già la separazione delle due figure indica che non c’è dialogo, l’Arcangelo serve solo da tramite tra lo spettatore e la Vergine, serve solo ad introdurre lo sguardo dello spettatore verso Maria, è talmente distaccato che nella successiva Annunciata di Monaco, dello stesso periodo, sparirà del tutto.

Il Polittico fu danneggiato irreparabilmente durante il terremoto del 1908 e sono tutt’ora evidenti i segni dei diversi restauri subiti.

Nel 1474 Antonello firma un contratto con il sacerdote di Palazzolo Acreide nel siracusano per una tavola con l’Annunciazione, oggi custodita alla Galleria Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa. Anche in questo caso si tratta di un’opera dalla indubbia paternità perché documentata. La scena ha un’impostazione classica rinascimentale con le figure della Vergine in ginocchio che accoglie l’Arcangelo Gabriele venuto a portarle il messaggio divino. Questa scena è tratta dall’evangelista San Luca che è l’unico a parlarne ed a raccontarla come un dialogo tra la Vergine e l’Arcangelo, Antonello utilizza tutte le sue conoscenze e le sintetizza nell’opera. La colonna centrale è un richiamo all’impostazione di Piero della Francesca, l’interno della stanza è incorniciato dal marmo di gusto italiano mentre l’esterno, ben visibile dalle finestre aperte, è di ispirazione fiamminga. Una curiosità: la tavola fu danneggiata durante il terremoto del 1908 così come il Polittico di Messina, ma in questo caso il restauratore decise di trasportarla su tela per poter colmare le lacune più gravi.

La Vergine annunciata di Monaco, datata tra il 1473 ed il 1474, fu acquistata da un antiquario di Monaco nel 1897 quando ancora non si conosceva l’autore, infatti, il nome di Antonello fu fatto per la prima volta nel 1900. In questa tavola Antonello stravolge l’impostazione della scena. Non ci sono più la Vergine e l’Arcangelo posti allo stesso livello in atteggiamento di dialogo ma, la Vergine appare da sola davanti allo spettatore. Non serve l’Arcangelo a spiegare cosa sta accadendo, lo spettatore lo intuisce senza bisogno di particolari interpretazioni.

La Vergine è separata dallo spettatore solo dal leggìo su cui tiene un unico libro aperto, mentre nel Polittico di Messina teneva sul davanzale tanti libri chiusi. Il libro aperto è il segno che la Vergine stava leggendo quando fu colta di sorpresa dall’Arcangelo e porta al petto le mani incrociate perché è lusingata del messaggio divino che ha appena ricevuto, forse è spaventata della grande responsabilità che la attende. Il viso, infatti, non è più sereno e rassegnato come nei dipinti di Siracusa e Messina, appare preoccupato e sbigottito.

Ma la vera rivoluzione avviene nella Vergine annunciata di Palermo, conservata presso la Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis dal 1906 grazie al Cav. Di Giovanni che l’aveva acquistata dalla famiglia Colluzio, come attribuita a Dürer. Solo tra il 1904 ed il 1906 si scoprì che era di Antonello da Messina.

Nella scena ancora il leggìo con sopra il libro separa la Vergine dallo spettatore, come accadeva in quella di Monaco qui, però non è più frontale bensì trasversale così come la Vergine, segno che c’è ancora più coinvolgimento dello spettatore. La Vergine appare seria in volto ma serena, con un’espressione ferma e decisa in cui lascia trasparire il fatto di essere pronta ad assumere questo compito così gravoso. La mano protesa in avanti, e non più al petto, come a voler tranquillizzare lo spettatore allibito dal messaggio appena ricevuto indica, invece, distacco. La Vergine non vuole spettatori, vuole restare da sola, vuole riflettere sull’accaduto, vuole essere isolata da tutto ciò che la circonda, da questo momento in poi la sua vita non sarà più la stessa ma sarà una missione affidatale da Dio.

Leonardo Sciascia scrisse “…mistero del sorriso e dello sguardo, in cui aleggia carnale consapevolezza e nessun rapimento, nessuno stupore”.

Il sorriso appena accennato tende al malizioso mentre lo sguardo è discreto. Lo sfondo scuro accentua l’incarnato olivastro tipico della bellezza siciliana, il manto azzurro oltremare del lapislazzuli, misto alla biacca, accentua la linea del viso definita già dalle ombre del chiaroscuro. La tecnica pittorica è molto migliorata in ambiente veneziano se si pensa alle Vergini delle prime annunciazioni, compreso quella di Monaco in cui il colore è più uniforme e non c’è l’uso delle ombre.

E’ un esempio di sintesi architettonica e strutturale, l’impostazione rigida e piramidale della Vergine accentuata dal mantello azzurro è ammorbidita dalle linee tondeggianti del viso. La Vergine annunciata di Palermo è una delle massime espressioni della pittura europea di tutti i tempi.

G.N.

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